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L'Italia a secco

Aggiornamento: 17 mag 2023

Cause ed effetti di una crisi (im)prevedibile


Gennaio 2022: in alcuni territori a nord della penisola si rileva una siccità moderata, che diventerà inevitabilmente estrema con l’avanzare dell’estate.

Marzo 2022: l'Unione Europea divulga uno studio scientifico intitolato "Drought in northern Italy" ("siccità nel nord Italia"), nel quale si preannuncia la crisi idrica che, divenuta ora realtà, sta mettendo in ginocchio l'agricoltura del nostro Paese. Nell'articolo si confronta l'inverno appena trascorso con i precedenti, ed emerge come sia stato il più secco e mite degli ultimi 30 anni, con l'80% delle precipitazioni in meno rispetto alla media stagionale e delle temperature decisamente elevate se paragonate a quelle a cui eravamo abituati.


Se da una parte questa emergenza è imputabile a fenomeni naturali che solo apparentemente sembrano piombarci addosso senza poter essere contrastati, dall'altra dobbiamo fare, come sempre, i conti con la negligenza dell'uomo: secondo un'indagine ISTAT, a causa soprattutto dell'inadeguatezza di tubature e impianti, si perde circa il 42% dell'acqua che viene immessa in rete, una tendenza in leggero aumento rispetto al 2015, quando la quantità di acqua persa si limitava a 41.5%. In alcuni capoluoghi di provincia delle regioni meridionali, come Potenza, Cagliari, Palermo e Bari, la percentuale arriva a superare il 50%.

La soluzione per invertire la rotta sarebbe, ovviamente, quella di mettere periodicamente mano alle tubature, vecchie e senza manutenzione, ma il 25% di esse è stato installato più di 50 anni fa, la restante parte è qui “solo” da 30 anni.


A non diminuire sono anche gli incendi boschivi, che sono arrivati a colpire quasi tutte le regioni: la Sicilia e la Calabria, le ultime a trovarsi nella morsa delle fiamme, hanno sofferto così tanto i roghi estivi da dover ricorrere all’aiuto del Piemonte, intervenuto con due colonne mobili per contrastare il fuoco.

Una situazione analogamente tragica si verifica sia nel resto dell’Europa che in Sudamerica: in Spagna le fiamme in Castiglia e Leon si sono portate via 25 mila ettari di terra, mentre nell’Amazzonia brasiliana, nello scorso maggio, si sono contati 2287 incendi, il numero più alto mai registrato.


È l’agricoltura a risentire maggiormente della siccità: il terreno è terribilmente arido, ma essendo la disponibilità d'acqua così limitata non è possibile ricorrere a irrigazioni di emergenza per salvare tutti i campi. La conseguenza inevitabile, visibile nei volti atterriti e allarmati dei contadini, è la perdita, parziale o totale, del raccolto, soprattutto se i temporali continueranno a essere così sporadici.

Un altro settore leso dalla mancanza di precipitazioni è quello idroelettrico: l’ENEL si è trovata costretta a spegnere la centrale idroelettrica di Isola Serafini di San Nazzaro, nel Piacentino, alimentata dall'acqua del Po.

La portata del Grande Fiume, infatti, è ai minimi storici, tanto che in alcuni punti è diminuita fino al 94%.

Il mare Adriatico ha risalito il corso del fiume per 30km, e ora il pericolo che il sale contamini le falde acquifere è sempre più imminente. Utilizzare per l'irrigazione dei campi dell’acqua con un così elevato indice salino senza installare desalinizzatori potrebbe, poi, inaridirli ulteriormente, mettendo ancora più a rischio il raccolto.

Il quadro della situazione è estremamente preoccupante, e lo è ancora di più se si pensa che non è finora stata adottata una linea chiara dal governo.

Sei regioni (Piemonte, Lombardia, Veneto, Friuli, Emilia-Romagna e Lazio) hanno già richiesto alla Protezione Civile lo stato di emergenza, ed è solo questione di giorni prima che vengano accolte le richieste; il sindaco di Milano Beppe Sala, intanto, ha annunciato la chiusura delle fontane, vietato l’utilizzo dell’irrigazione a spruzzo sui prati ed esortato i cittadini a fare un uso parsimonioso dell’acqua potabile.

Con l’inflazione schizzata all’8%, una nuova ondata di contagi e la guerra in Ucraina che continua a infuriare, l’Italia si trova sovrastata da un’altra emergenza che metterà a dura prova le abitudini che più volte siamo stati esortati a cambiare perché poco sostenibili o etiche. Se però per le catastrofi sopra citate era possibile dichiararsi impreparati, questa crisi è stata preannunciata dagli esperti ormai da anni. Da anni i governatori vengono ammoniti sulla situazione nel quale, ora, siamo incappati; non siamo dunque colti di sorpresa.

È semplicemente il cambiamento climatico che ci consegna il conto.


Elena Felisi


Fonti:

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