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Rinascimento energetico

Immagine del redattore: Politics HubPolitics Hub

Sfide e opportunità per un futuro sostenibile


"Come si fa a non parlare di energia oggi, con tutto quello che sta accadendo?" Con queste parole, Matteo Lusvarghi, moderatore dell’evento, ha aperto “Rinascimento Energetico”, tenutosi martedì 26 novembre presso il Talent Garden di Piazza Città di Lombardia, a Milano. Matteo ha sottolineato come discutere di energia significhi affrontare temi cruciali come geopolitica, economia, equità intergenerazionale, Europa, ambiente e tecnologia. In fondo, discutere di energia significa parlare del nostro futuro.

Politics Hub nasce con l’obiettivo di avvicinare i giovani al mondo dell’attualità, dell’economia e della politica, stimolando il dialogo su temi complessi, divisivi e di difficile comprensione. È proprio con questo spirito che abbiamo organizzato un evento dedicato all'energia, tema di grande attualità e cruciale per il domani.

A guidarci in questo percorso è stato l’ingegnere Renato Mazzoncini, Amministratore Delegato e Direttore Generale di A2A, che ha offerto un'analisi approfondita e concreta della situazione energetica attuale e delle prospettive future. Lo ringraziamo sinceramente per aver condiviso con noi il suo tempo e la sua esperienza, offrendo una visione chiara e articolata su un argomento tanto delicato quanto tecnico.

Questo articolo non ha l’ambizione di replicare la profondità dell’analisi fornita dal nostro ospite, ma si propone di riassumere i punti salienti trattati durante l’evento. Esploreremo temi come la decarbonizzazione, l’attuale situazione energetica italiana e le proiezioni future, l’economia circolare, l’energia nucleare e le politiche europee necessarie per rendere più sostenibile la produzione energetica nel nostro Paese e in Europa, affrontando con determinazione la sfida della transizione energetica.


Situazione energetica italiana attuale

Allo scoppio della guerra tra Russia e Ucraina, l’Italia registrava un livello di autonomia energetica pari al 22%, significativamente inferiore rispetto alla media europea del 39%. Tuttavia, è importante notare che questa media europea risulterebbe sensibilmente più bassa se l’importazione di uranio – indispensabile per il funzionamento delle centrali nucleari – venisse considerata alla stregua di un’importazione di energia. In sostanza, l’Italia soddisfaceva solo il 22% del proprio fabbisogno energetico attraverso risorse interne, come acqua, vento, sole e rifiuti, mentre il restante 78% doveva essere acquistato dall’estero.

Esaminando la distribuzione dell’energia utilizzata, emerge che circa il 33% deriva dal petrolio, destinato quasi esclusivamente alle automobili a combustione interna. Questo dato solleva una questione rilevante: perché una quota così elevata di energia viene destinata ai trasporti? La risposta risiede nella bassa efficienza dei motori a combustione interna, stimata attorno al 20%, che comporta un enorme spreco di energia. Per ridurre le emissioni di carbonio e migliorare l’efficienza, questa quota della produzione energetica dovrà essere gradualmente eliminata, come evidenziato dalle proiezioni future.

Un ulteriore 40% dell’energia consumata in Italia proviene dal gas naturale, utilizzato principalmente per il riscaldamento domestico e la produzione di elettricità. Il restante fabbisogno energetico è coperto da fonti rinnovabili, principalmente idroelettrico, eolico e solare.


Proiezioni al 2050

L’obiettivo prioritario per il 2050 è dimezzare la domanda complessiva di energia, un traguardo considerato realistico dagli esperti, da raggiungere attraverso un incremento dell'efficienza energetica e una drastica riduzione degli sprechi.

Il primo passo sarà eliminare gradualmente il consumo di petrolio, soprattutto nel settore dei trasporti, sostituendo le auto a combustione interna con auto elettriche o altre soluzioni di mobilità sostenibile. Questo cambiamento è cruciale per ridurre la dipendenza del nostro sistema energetico dal petrolio e il suo impatto ambientale.

La quota di gas naturale sarà mantenuta, ma ridotta del 50% rispetto ai livelli attuali, grazie all'adozione su larga scala di pompe di calore, in grado di offrire un’efficienza energetica molto superiore rispetto agli impianti di riscaldamento tradizionali. Una possibile alternativa all’utilizzo di gas potrebbe essere rappresentata dall’energia nucleare, che sarà esaminata più dettagliatamente in seguito.

Il vero fulcro della transizione energetica sarà rappresentato dalla crescita della produzione di energia eolica e solare. La costruzione di grandi impianti permetterà di sfruttare le economie di scala, riducendo i costi di produzione e quelli a carico dei consumatori. Per comprendere l’enorme potenziale del solare, basti considerare che il sole invia sulla Terra in un’ora energia sufficiente a soddisfare la domanda globale per un anno intero. Sebbene sia irrealistico pensare di poter catturare tutta questa energia solare, il dato sottolinea le enormi potenzialità offerte da questa fonte pulita e a basso impatto ambientale.

Grazie a questi cambiamenti, l’Italia potrebbe aumentare la propria autonomia energetica dal 22% al 60%, con vantaggi significativi: da una parte, una drastica riduzione delle emissioni inquinanti grazie all’uso di fonti rinnovabili; dall’altra, una minore esposizione ai rischi geopolitici legati alla dipendenza energetica dall’estero.


Economia circolare: una soluzione per ridurre la dipendenza 

La transizione verso un sistema energetico più elettrificato, con l’eliminazione dei veicoli a combustione interna e l’adozione di mezzi di trasporto elettrici, solleva inevitabilmente una nuova questione: il rischio di una diversa forma di dipendenza dall’estero. Se oggi l’Italia e l’Europa dipendono dall'importazione di combustibili fossili, in futuro potrebbero trovarsi vincolate all'approvvigionamento di materie prime essenziali per le tecnologie verdi, come litio, cobalto e silicio, indispensabili anche per la produzione di batterie e pannelli solari.

Questa prospettiva evidenzia un semplice spostamento del problema della dipendenza energetica da un settore all’altro. Tuttavia, esiste una via per ridurre questa vulnerabilità: lo sviluppo di un’economia circolare robusta e sostenibile. 

Ogni prodotto importato dall'estero, come un’auto elettrica o un pannello fotovoltaico, non rappresenta solo un investimento tecnologico, ma include anche l'acquisto delle materie prime che lo compongono. Per ridurre la dipendenza, l'Europa deve adottare un approccio che vada oltre il semplice utilizzo di questi prodotti fino alla fine del loro ciclo di vita, promuovendo invece il loro trattamento, ricondizionamento e riciclo.

L’obiettivo deve essere quello di recuperare e riutilizzare le materie prime già presenti nei dispositivi giunti a fine vita, trasformando quelli che oggi consideriamo rifiuti, in nuove risorse. Questo approccio, oltre a ridurre gli sprechi, consentirà di diminuire in modo significativo la dipendenza dalle importazioni di materie prime, con benefici economici e ambientali. 

L’economia circolare deve diventare un pilastro fondamentale delle economie del domani. Solo così infatti sarà possibile rendere la transizione energetica non solo più efficiente, ma anche equa e sostenibile. Grazie a un sistema basato sul riciclo e sul riutilizzo delle risorse, l'Europa potrà ridurre la propria dipendenza geopolitica, trasformando una potenziale vulnerabilità in un’opportunità di crescita e innovazione. In questo modo sarà possibile affrontare le sfide della transizione energetica, garantendo un futuro più sostenibile sia dal punto di vista ambientale che economico.


L’energia nucleare: opportunità e limiti

L’energia nucleare, oggi al centro del dibattito sulla transizione energetica, presenta vantaggi e criticità che richiedono un'analisi approfondita. I sostenitori sottolineano la capacità delle centrali nucleari di produrre grandi quantità di energia in modo costante, indipendentemente dalle condizioni climatiche, a differenza di fonti come l’eolico e il fotovoltaico, che dipendono rispettivamente dal vento e dalla luce solare. Inoltre, rispetto ai combustibili fossili, il nucleare produce basse emissioni di CO2 durante la generazione di energia, risultando quindi meno inquinante. Un altro punto a favore è la logistica: il trasporto dell’uranio è più semplice rispetto a gas e petrolio, in quanto non richiede grandi infrastrutture; inoltre una piccola quantità di uranio produce grandi quantità di energia.

Tuttavia, il nucleare presenta anche molteplici problematiche. In primo luogo, contrariamente a quanto si potrebbe pensare, non garantisce una totale indipendenza energetica. L’uranio, necessario per alimentare le centrali, deve essere importato, spesso da paesi come Kazakhstan, Uzbekistan, Canada, Australia e Namibia. Questa dipendenza legata alla materia prima, limita l’autonomia energetica che il nucleare promette. 

In secondo luogo, sebbene le centrali nucleari registrino basse emissioni dirette, l’estrazione e la lavorazione dell’uranio nei paesi produttori comportano un impatto ambientale significativo, spesso trascurato nel dibattito pubblico. Inoltre, i costi di costruzione delle centrali nucleari sono ingenti e i tempi di realizzazione estremamente lunghi, aggravati anche dalle rigorose misure di sicurezza richieste. Un esempio emblematico è la centrale EPR di Flamanville-3 in Francia, la cui costruzione, iniziata nel 2007, doveva concludersi nel 2012 con un costo stimato di 3,3 miliardi di euro. Tuttavia, a causa di ritardi e aumenti di spesa, la centrale è ancora in costruzione, con costi che hanno superato i 13,2 miliardi di euro e l’avvio previsto per il 2024, accumulando oltre 12 anni di ritardo.

Un’altra criticità riguarda l’incertezza tecnologica. Mentre si investe sempre più nella fusione nucleare, considerata più sicura ed efficiente rispetto alla fissione tradizionale, puntare su tecnologie già esistenti potrebbe risultare anacronistico. Questo aumenta i dubbi sulla sostenibilità a lungo termine di nuovi progetti basati sulla fissione. La difficoltà di finanziamento rappresenta un ulteriore ostacolo: le banche e le imprese private sono riluttanti ad investire nel nucleare a causa degli alti costi iniziali e dei tempi di ammortamento molto lunghi. In Francia, ad esempio, il nucleare resta competitivo solo grazie a massicci interventi statali, che coprono circa il 66% dei costi.

In sintesi, sebbene l’energia nucleare possa svolgere un ruolo importante nella transizione energetica, i suoi limiti in termini di costi, tempi di realizzazione e dipendenza geopolitica richiedono una valutazione attenta e una pianificazione strategica oculata.


Politica energetica europea

Per garantire una transizione energetica efficace e capace di affrontare sfide cruciali come l’inquinamento, il riscaldamento globale e la dipendenza dalle importazioni energetiche, è fondamentale sviluppare una politica energetica comune a livello europeo. Un approccio coordinato consentirebbe di sfruttare al massimo le potenzialità specifiche di ciascun paese in ambito di energie rinnovabili. 

L’Italia, ad esempio, si colloca già tra i leader europei in questo campo: è il terzo paese per potenziale idroelettrico, preceduta solo da Norvegia e Francia; seconda per energia solare, con la Spagna al primo posto e seguita dalla Grecia; e si posiziona tra i primi dieci per capacità eolica. Un sistema di cooperazione europeo potrebbe valorizzare al meglio queste risorse, consentendo a ogni nazione di focalizzarsi sulle proprie aree di eccellenza. In tale scenario, i paesi con minori potenzialità nelle risorse rinnovabili potrebbero invece specializzarsi nello sviluppo di tecnologie alternative, come l’energia nucleare o soluzioni innovative per l’efficienza energetica.

Un’infrastruttura energetica europea integrata, basata su una rete elettrica comune, permetterebbe a ciascun paese di contribuire in modo complementare alla sicurezza energetica collettiva, riducendo così le vulnerabilità geopolitiche.

Parallelamente, diventa sempre più urgente la creazione di un mercato unico del capitale a livello europeo, che favorisca l’accesso ai finanziamenti per le imprese e sostenga le start-up nel settore energetico. Attualmente, molte aziende europee incontrano ostacoli dovuti a frammentazioni normative, linguistiche e fiscali che limitano lo sviluppo del loro potenziale. È quindi necessario armonizzare le norme e abbattere queste barriere, facilitando la circolazione dei capitali e promuovendo una vera integrazione economica.

Nonostante l’Europa sia il secondo più grande mercato del mondo, spesso non riesce a sfruttare appieno questa posizione a causa di problemi di governance politica. Superare queste criticità richiede una visione condivisa e una strategia unitaria, in cui ogni paese contribuisca in modo efficace e solidale alla transizione energetica, massimizzando le risorse disponibili e riducendo le dipendenze dalle importazioni. Solo così sarà possibile costruire un futuro energetico sostenibile e competitivo, in grado di affrontare le sfide globali del nostro tempo.


Conclusioni

In conclusione, l'Europa ha un ampio margine per diventare energeticamente autonoma, più efficiente e rispettosa dell'ambiente. Lo sviluppo delle energie rinnovabili, l’unica fonte realmente inesauribile, rappresenta un passo cruciale per raggiungere questi obiettivi. Tuttavia, questa transizione richiede non solo innovazione tecnologica, ma anche un solido supporto strutturale . È essenziale concentrare gli sforzi sulle risorse già disponibili e garantire alle imprese un accesso agevolato ai finanziamenti, dalla fase di ricerca e sviluppo fino all'implementazione su larga scala.

Per sostenere questo processo, è fondamentale creare un mercato unico europeo realmente integrato, capace di eliminare le barriere fiscali, linguistiche e normative ancora esistenti. Un simile contesto permetterebbe alle aziende di sfruttare pienamente il potenziale del secondo mercato più grande al mondo, promuovendo innovazione e competitività. 

Solo un’Europa coesa potrà affrontare con successo le sfide energetiche e climatiche, realizzando una transizione energetica sostenibile, resiliente e competitiva su scala globale. L’integrazione di politiche comuni e il rafforzamento della cooperazione tra i paesi membri saranno la chiave per trasformare la necessità di cambiamento in un'opportunità di crescita condivisa e duratura.


Alessio Barbalonga


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