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QUATTRO CHIACCHIERE CON UNA PSICOLOGA in emergenza Covid

Aggiornamento: 2 apr 2023

La comunicazione ha da sempre giocato un ruolo fondamentale nella vita dell’essere umano, così come la socialità e il contatto fisico.

Vista la situazione emergenziale causata dalla pandemia ci siamo chiesti come questo virus avesse cambiato la modalità dell’uomo di relazionarsi, e come questa carenza di contatto sociale potesse influire sulla psiche dell’essere umano.

Abbiamo quindi intervistato la psicologa Daniela Tagliabue, chiedendo il suo punto di vista in merito alle possibili ricadute psicologiche che la quarantena porterà con sé.


Che effetti può avere sulla psicologia umana questo isolamento? E sui rapporti sociali?”

“Sicuramente ci saranno tanti effetti, ma la prima cosa che dobbiamo dire è che non li conosciamo ancora tutti, proprio perché la situazione è straordinaria nel vero senso della parola, è una situazione fuori dal comune che non abbiamo mai vissuto.

Sicuramente, grazie alla ricerca e al consiglio nazionale dell’ordine degli psicologi, stiamo vedendo già i primi effetti.

Al momento abbiamo riscontrato degli effetti sulla psicologia umana non specifici sull’isolamento, ma da “fenomeno del coronavirus”.

Il primo è ovviamente un’amplificazione esponenziale delle nostre paure, che oltrepassa il livello soglia e diventa panico, ed è quello che si è riscontrato immediatamente.

Il secondo invece, in opposizione, è quello di una negazione delle proprie paure e di un azzeramento del livello di rischio, attribuendo un’importanza marginale alla situazione effettiva.

In entrambi i casi ovviamente, si tendono ad attuare dei comportamenti pericolosi, per noi e per gli altri.

Mi viene in mente, per esempio, la massa di persone che si è recata in stazione a prendere il treno non appena appresa la notizia, o le code infinite al supermercato. Ecco, in questi casi è anche inutile prendersela con queste persone, perché ciò che le ha mosse è stata una spinta inconscia, determinata dal superamento del limite soglia di paura, che si è trasformata in panico (la paura è una delle emozioni fondamentali ed è di cruciale importanza per l’essere umano nelle giuste quantità n.d.r.)

La paura è protagonista anche per quanto riguarda l’isolamento perché ci siamo sentiti bloccati, tolti dalla nostra routine e questo ha sicuramente rallentato il nostro adattamento ad una situazione così difficile e nel mettere in atto nuove abitudini.

Dall’altra parte però abbiamo visto anche la capacità di resilienza delle persone, parola che va molto di moda, ma che è il nocciolo di questa questione, e mai come adesso la capacità di trarre spunti positivi da una situazione negativa si può potenziare e amplificare. Questa può essere la nostra chiave vincente che ci permette di affrontare la paura che sanamente abbiamo.

Riassumendo quindi possiamo vedere come gli effetti del coronavirus e dell’isolamento, che ci accompagneranno anche nello scenario post-coronavirus, possono essere racchiusi nella parola resilienza e, come abbiamo detto, negli effetti della paura.”


Ci saranno differenze psicologiche rilevanti nel passaggio dalla fase uno alla fase due?”

“Indubbiamente. Questo passaggio sarà un grande salto per la psicologia umana, perché ci siamo sentiti dire per due mesi che l’unico posto sicuro era la nostra casa, e da un momento all'altro, con le dovute precauzioni, possiamo uscire.

E anche qui ritornano gli effetti della paura. Da una parte c’è il minimizzare, dall’altra invece c’è la paura di riprendere e di riadattare la vita: il termine tecnico che è stato coniato è la “sindrome della capanna”, e quindi la casa come unico luogo di sicurezza e incolumità.

A tutto questo bisogna aggiungere anche il fattore dell’incertezza, sia degli scienziati, che di tutti noi cittadini. Convivere con l’incertezza è molto difficile, anche perchè gli ultimi quarant’anni sono stati caratterizzati dall'illusione di avere tutto sotto controllo, mentre questo virus ha attuato un cambio di paradigma, ha riportato un sentimento di incertezza che ancora una volta si lega alla paura e al panico di non sapere; non sapere come andrà a finire questa situazione e non sapere come comportarsi per avere la certezza di restare al sicuro anche fuori dalla propria “capanna”.

L’incertezza inoltre ha amplificato anche alcune patologie psicologiche e psichiatriche, proprio perché si sono dovute rivedere le routine e le abitudini, che per alcuni pazienti sono di fondamentale importanza. E’ quindi aumentata la richiesta di supporto psicologico.”


Ci può essere differenza di effetti sulla psiche in base all’età? E quali possono essere?”

“Tutti proviamo emozioni in quanto esseri umani, ma ovviamente la capacità di farvi fronte è differente, e più si avanza con l’età, più creiamo la nostra storia e la nostra personale capacità di far fronte alle situazioni e alle emergenze.

In ogni fase del ciclo di vita poi siamo chiamati a rispondere a diversi bisogni evolutivi (fasi dello sviluppo psicosociale di Erikson n.d.r.) e quindi ogni fascia di età risponde in maniera differente, e ogni individuo compreso in quella fascia d’età risponde ancora diversamente, dal momento che la gestione delle emozioni è influenzata anche dai vissuti.

Analizzando velocemente il comportamento dei bambini possiamo notare che la loro capacità di adattamento sia notevole, ma dipende molto dai comportamenti dell’adulto di riferimento e dalla sua gestione della situazione.

Dal punto di vista degli adolescenti, gli effetti sono legati per lo più alle relazioni, proprio perché il bisogno specifico di questa fase evolutiva è cercare altre relazioni al di fuori del nucleo familiare. In una situazione di emergenza e di chiusura totale, l’impossibilità di lasciare il nucleo familiare e di cercare relazioni all’esterno, comporta ovviamente degli effetti.

Inoltre la sospensione del tempo caratterizzata dalla non conoscenza di un tempo limite in cui tutto finirà, comporta una difficoltà di adattamento notevole. L’uomo infatti è assolutamente in grado di adattarsi alle diverse situazioni, ma solo se conosce la durata precisa di questo adattamento. Il non sapere con certezza quando l’uomo potrà riprendere la sua vita, lo destabilizza.

Per quanto riguarda gli anziani invece bisogna sottolineare che la loro consapevolezza dello stato emergenziale è limitata alle sole informazioni lette sui giornali. A differenza dei lavoratori e degli studenti, che sono stati costretti a lavorare e a studiare da casa, con un grosso cambiamento di routine, gli anziani non hanno vissuto in prima persona questa situazione. La pensione arrivava, uscivano una volta al giorno per prendere il pane e basta. Le loro abitudini sono state intaccate poco, ed è anche per questo che spesso, i primi giorni di blocco totale, vedevamo quasi solo loro per le nostre strade.

Sicuramente però, la categoria degli anziani è quella che sta subendo maggiormente l’assenza di relazioni, soprattutto per quelli un po’ più avanti con l’età o magari le persone non autosufficienti, causata anche dalla scarsa digitalizzazione.

Volendo però vedere il bicchiere mezzo pieno, abbiamo notato come molti anziani abbiano sviluppato, proprio in questo periodo, delle capacità tecnologiche inaspettate, imparando a fare video chiamate e a tenersi in contatto nonostante la lontananza, e questa non è cosa da poco!”


Jacopo Agosti


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