In dialogo con il sociologo Domenico De Masi
Quali sono stato gli insegnamenti, anche a livello sociale, che il coronavirus ha
portato con sé?
“Innanzitutto dobbiamo dire che il coronavirus è stato un grandissimo insegnante, ma
anche molto severo, perché come purtroppo abbiamo visto, punisce con la morte.
Il comportamento infatti è composto da una parte razionale e da una parte irrazionale, e
spesso e volentieri la sola parte logica non basta a far comprendere una situazione o un
messaggio (vedi la scritta “il fumo uccide”sui pacchetti di sigarette ecc…).
Il coronavirus è stato quindi quello “stimolo” che ha acceso la parte irrazionale del nostro
cervello, facendoci accorgere dell’insufficienza del solo pensiero razionale.
Ma in fin dei conti, cosa ci ha insegnato questo “maestro esigente”?
Innanzitutto che esiste un rapporto stringente tra tempo e spazio, e che in questo caso si è
invertito: abitualmente lo spazio non era un problema e ciò che costituiva la causa della
nostra frenesia era la percezione di un’assenza di tempo, insufficiente all’espletamento di
tutte le faccende che pensavamo di poter svolgere nel corso della giornata.
Con il coronavirus invece la relazione si è invertita e addirittura la concezione del tempo è
diventata quasi superflua, inesistente.
Centrale è stato il tema dello spazio, che potremmo dividere in due sotto concetti. Da una
parte troviamo uno “spazio ridotto” a causa della globalizzazione e della rete di
comunicazione di massa, che permette di percorrere enormi distanze in frazioni di
secondo (e con la quarantena siamo diventati tutti esperti di comunicazioni a distanza e
videoconferenze)
D’altra parte però troviamo lo spazio che abitualmente percorrevamo e che eravamo
costretti a vedere solo dalle finestre di casa nostra o dai servizi dei telegiornali che
inquadravano l’inquietante solitudine delle strade delle nostre città.
In aggiunta il coronavirus, in relazione al mondo globalizzato che si percorre in poche ore
o minuti, ha fatto sì che visioni sovraniste venissero momentaneamente accantonate,
proprio per effetto della diffusione dell’emergenza che si è diffusa in tutto globo, facendo
sprofondare tutti nella stessa crisi, ma accentuando ancora di più divari che prima
sembravano solo superficiali.
Ancora, aggiungerei che il covid-19 ci ha insegnato a ridefinire l’importanza e la centralità
dello Stato, spesso criticato ma sempre indispensabile e necessario, la centralità del
welfare, l’importanza della sanità pubblica rispetto a quella privata, ha rimarcato il diverso
rapporto che intercorre con le generazioni più anziane tra nord e sud e inoltre ha
dimostrato la fallibilità dell’essere umano, spesso considerato potente e indistruttibile a
causa della sua razionalità, ma evidentemente impotente contro la natura.”
Che effetti ha avuto e avrà il coronavirus sulle relazioni sociali?
“Non è vero che il coronavirus ha allontanato le persone, anzi, le ha avvicinate.
Ciò che è stato allontanato sono tutte quelle relazioni e quei rapporti malati, tipici
dell’ufficio e del mondo del lavoro.
Tramite le nuove tecnologie infatti, siamo stati in grado di tenere i contatti anche con
persone che prima non sentivamo abitualmente, a causa della lontananza, o come detto
prima, della percezione di assenza di tempo. Quanto viene detto circa l’isolamento del
telelavoro è fasullo, perchè il vero isolamento lo si aveva quando si stava in ufficio, reclusi
in un mondo di regole e di ritmi serranti, alienati da rapporti di potere morbosi e da
abitudini logoranti.”
“Il contrario dell’amore non è l’odio ma il potere” dice Jacques Lacan.
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