Dialogo con Marco Tajè, giornalista e direttore di LegnanoNews
L’Italia è dal 9 marzo in lockdown, solo da poco più di una settimana le misure sono state allentate con l’inizio della tanto attesa "fase 2".
Questi ultimi due mesi sono stati segnati da grandi difficoltà per tutti i lavoratori, sia per chi ha continuato a svolgere la propria attività, sia per chi è stato costretto a rimanere a casa inattivo. Anche il giornalismo, ambito professionale più che mai importante in un momento in cui l’informazione è la chiave per mantenere i cittadini consapevoli di tutto ciò che sta succedendo a livello nazionale e non solo, si è trovato in una posizione difficile ed indubbiamente insolita.
Attraverso le parole di uno dei giornalisti più esperti del nostro territorio, Marco Tajè, cerchiamo di fornire degli spunti al fine di comprendere la fitta rete di problematiche, limitazioni, doveri e sfide che chi dedica la propria professione all’informazione deve affrontare quotidianamente in una situazione del genere.
Quali sono stati gli impatti immediati della pandemia sulla professione del giornalista? Cosa è cambiato e com’è stato possibile adattarsi al cambiamento?
“Il giornalismo è comunicazione. Ma se non c'è modo di comunicare fisicamente, perde la sua efficacia. L'allontanamento sociale ha dato spazio solo alla comunicazione digitale, virtuale. Noi ci siamo piegati a questa necessità, ma che fatica stare lontani dagli ambienti frequentati normalmente e dove troviamo fonti fondamentali per il nostro lavoro. La pandemia, inoltre, ha richiesto in tempi rapidi di crearci una istruzione sanitaria cui non siamo mai stati portati. Tutte le notizie, specie nel momento più topico del lockdown, erano di argomento covid-19. Per parlarne adeguatamente, bisognava saperne di più e meglio. Ci siamo impegnati, ma anche qui che fatica!”
Seguendo la medesima linea di ragionamento, essendo il direttore di un’importante testata giornalistica sul territorio, ci può spiegare come ha gestito la redazione e quanto è cambiato, se è cambiato, il modus operandi di LegnanoNews in questo periodo?
“Anzitutto, per rispetto verso la persona umana, prima che alla figura professionale, la redazione è stata chiusa. Tutti a casa e attivato lo smart-working. Il confronto è avvenuto in tempi dettati dalle varie necessità quotidiane attraverso le piattaforme digitali per videoconferenze, anche più di una al giorno. Potendo usufruire dei permessi concessi ai giornalisti, a turno, uscivamo da casa per un controllo diretto di quanto accadeva sul territorio con tutte le precauzioni dovute”.
Riflettendo ancora sull’adattamento del giornalismo ad una situazione come quella che la diffusione del Coronavirus ha generato: quanto è difficile dare importanza anche a notizie di altro tipo, così da fare in modo che il giornale non si cristallizzi solamente su un solo genere di informazione, garantendo sempre un’ampia gamma di articoli tra cui scegliere?
Osservando invece "l’altro lato della medaglia”, quanta rilevanza è giusto dare alle notizie relative alla pandemia?
“La volontà di non bloccare il giornale sulla pandemia si è scontrata con due fattori. Il primo: non c'erano notizie di alcun genere diverso. Si è fermato tutto. Quando poi abbiamo pubblicato una notizia di Palio e una riferita alla possibile data delle elezioni comunali, non sono state assolutamente lette. Secondo: i lettori chiedevano in continuazione aggiornamenti sulla pandemia, inducendoci a seguire forzatamente quell'argomento.
La pandemia ha avuto un peso in ambito sanitario, politico, sociale ed economico. Una rilevanza pari soltanto a una guerra. Una rilevanza profonda e grave”.
Giunge il momento di porre una lente di ingrandimento sulle notizie relative al Coronavirus. In periodi come questi, nessuno ha paura di esplicitare la propria opinione riguardo alla pandemia in sé, come riguardo le misure adattate per contenerla. Quanto è importante e quanto può diventare complicato in momenti simili per un giornalista pesare in maniera efficace ogni intervento, fornendo ai lettori un’informazione corretta, imparziale e completa?
“L'informazione corretta, imparziale e completa è un principio che vale sempre. Soprattutto, poi, se la notizia implica conseguenze di carattere sanitario. Non è mai semplice rispettare concetti di correttezza, imparzialità e completezza, ma l'impegno deve manifestarsi in maniera totale. Qui riprendo una precedente risposta. Nessuno di noi sapeva cosa fosse il covid-19. Abbiamo dovuto informarci, istruirci, introdurci in ambienti sconosciuti. Solo così abbiamo potuto evitare, se ci siamo riusciti davvero, errori grossolani”.
Approfondendo questo fondamentale concetto, quanto invece può essere dannoso un articolo scritto senza rispettare i crismi del mestiere, correndo il rischio di diffondere un’informazione in maniera ambigua o addirittura errata?
“In parole povere...faremmo un disastro. L'argomento della pandemia ha un risvolto sanitario fondamentale: dare notizie sicure. Pensate se a chi chiedeva informazioni su tutto, mascherine, mobilità, lavoro, avessimo dato suggerimenti sbagliati... un disastro. Puoi dare una notizia sbagliata sul meteo...pazienza. Se sei uscito da casa senza ombrello, perché ti dicevamo che c'era il sole, e si mette a piovere, prendi un po' d'acqua e finisce tutto lì. Ma, se avessimo scritto di circolare anche senza mascherine, e ti prendi il virus, sai che disastro!”
Andrea Belvisi
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