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Tra percezione e realtà: sogno o son desto?

Ma in Italia secondo voi il numero di omicidi è aumentato o diminuito? In che percentuale la popolazione italiana è costituita da immigrati? Ogni 100 morti di donne tra i 15 e i 24 anni quante pensi siano causate dal suicidio? Qual è la percentuale di musulmani presenti in Italia? E quella degli stranieri in carcere? Prima di proseguire nella lettura provate a rispondere a queste domande.

Conoscere certe cose non serve solo per fare bella figura in un quiz televisivo, o a scuola, o all'università, o al lavoro di fronte ai colleghi; serve per essere presenti a noi stessi. Che lo vogliamo o no, viviamo tutti in un contesto sociale e conoscerlo è importante, per capire, per esempio, se siamo al passo con la società attuale o se siamo rimasti alla visione di dieci anni fa, che magari un politico ci aveva illustrato talmente tanto bene da indurci a giurargli fedeltà eterna e a chiudere gli occhi sulle statistiche reali.


Ma perché sto scrivendo un articolo su un tema del genere? In fondo cosa cambia a noi nel quotidiano se non sappiamo rispondere a una di queste domande? Ci possono forse bocciare o mettere un votaccio come facevano a scuola? O forse la risposta a queste domande può servirmi in ambito lavorativo? Potrebbe servire, ma anche no. Per la verità, questo tema trascende ogni logica utilitaristica, nessuno ti dà un premio perché sai che il tasso di natalità è diminuito drasticamente dal 1965 ad oggi, però magari, se lo sai, riesci ad esprimere un voto più consapevole, a dare la tua fiducia a chi si impegna a lavorare sui reali problemi della società e non a chi parla solo di ciò che fa più audience.


Non tutti sanno che periodicamente la Ipsos MORI, una società di ricerche di mercato con sede a Londra, redige una classifica nota come “Perils of Perception” (ovvero “Pericoli della Percezione”), che attraverso 11mila interviste misura quanto è distorta la percezione che i cittadini di diversi Paesi hanno della realtà, in rapporto a quanto certificano i principali enti di statistica nazionale. Nel 2014 siamo arrivati primi nella classifica mondiale, nel 2017, invece, siamo risultati dodicesimi, ma sempre primi tra le nazioni europee e no, non è una cosa positiva! Siamo il popolo più ignorante in Europa, ove con tale termine, è opportuno precisare, non si intende poco istruito o analfabeta, ma che ignora la realtà. In particolare l'azienda inglese ha rilevato che il problema di fondo è più o meno lo stesso in tutti i Paesi: si tende ad una stima per eccesso delle difficoltà sociali e politiche, insomma si ha una visione fortemente pessimistica della realtà.


Facciamo qualche esempio numerico per cercare di capire quanto sia alto il nostro tasso di ignoranza (farò riferimento ai risultati del test condotto nel 2017, di cui riporto il link nella sitografia a fine pagina, ma l'azienda ha svolto anche ricerche più recenti su precisi argomenti, come il cambiamento climatico o il coronavirus, rimando al sito ufficiale inglese per ulteriori approfondimenti). Prendiamo la domanda sugli omicidi: in Italia rispetto al 2000 sono diminuiti del 39%, eppure il 49% degli intervistati è convinto che il numero sia aumentato e il 35% che sia rimasto immutato, solo l'8% dei cittadini ha risposto correttamente (il restante 8% ha invece dichiarato di non saperlo). Oppure alla domanda sui suicidi di donne di età compresa tra i 15 e i 24 anni la risposta media è del 20%, ma il dato reale è più basso di 11 punti percentuali. O ancora per quanto riguarda la domanda sulla percentuale di stranieri presenti in carcere, gli Italiani arrivano a sovrastimare di ben 14 punti percentuali (48% contro la realtà del 34.4%).

Vorrei ora portare l'attenzione del lettore su qualche altro dato, questa volta del test del 2014, in fondo se ci siamo guadagnati il primo posto è interessante capire dove abbiamo sbagliato maggiormente. Alla domanda sulla percentuale di musulmani presenti in Italia la risposta media è del 20%, quando in realtà solo il 4% degli abitanti aderisce all'Islam. Risulta poi che solo il 7% della popolazione italiana sia costituito da immigrati, la risposta media è invece del 30%. O ancora per quanto riguarda il numero di aventi diritto che partecipano al voto la tendenza è quella di sottostimare la percentuale dei votanti; così come si tende piuttosto a sovrastimare il livello di disoccupazione. Insomma, come volevasi dimostrare, vi è una grande propensione alla stima per eccesso dei problemi sociali.


Qualcuno potrebbe obiettarmi che sono dati obsoleti, e avrebbe ragione; se io aggiungessi che non credo che oggi i risultati sarebbero poi tanto diversi mi si potrebbe rispondere che sono vittima anche io del “pessimismo dilagante”, e ancora una volta non potrei dare torto ai miei interlocutori. Allora obiettivo dell'articolo non è certo quello di generalizzare né tantomeno di condannare, ma piuttosto quello di suscitare una riflessione nel lettore. Anzitutto ci si potrebbe chiedere come mai al giorno d'oggi le nostre percezioni siano così sbagliate, nonostante ormai sia praticamente tutto a portata di click. La risposta in realtà si trova insita nella domanda stessa, perché in quel “tutto” a portata di click vi rientrano anche, purtroppo, le cosiddette fake news, che oggi riescono a diffondersi in maniera particolarmente veloce proprio grazie ai potenti mezzi di comunicazione che abbiamo a disposizione. Soprattutto il problema più serio è che i social network ci danno la presunzione di sapere ogni cosa, dato che in effetti, potenzialmente, potremmo ricevere informazioni su qualsiasi argomento attraverso una ricerca semplice e veloce, però è chiaro che questa sia solo un'illusione. La verità è che questi strumenti sono una vera e propria arma a doppio taglio, infatti tracciano i tuoi comportamenti con l'intenzione di rendere migliore e più personalizzata la tua navigazione online, però ti espongono così al rischio di vedere solo ciò che loro hanno filtrato per te e cioè solo ciò che a te effettivamente può piacere, il che comporta che sei portato ad interagire solo con gli utenti che la pensano come te. Perciò se, per esempio, nel periodo delle elezioni ti trovassi a girovagare su instagram, i post che troveresti, offerti in automatico dal sistema, sarebbero solo una conferma a ciò di cui tu sei già convinto e questo è un gran problema, perché non vieni mai indotto a mettere in dubbio le tue convinzioni, la tua percezione della realtà appunto.


Allora quale può essere la soluzione al problema, come possiamo farci trovare più pronti per le prossime interviste della Ipsos MORI?

Magari non abbiamo il potere di interrompere il dilagare di fake news, però possiamo cambiare il nostro atteggiamento di fronte a quel flusso, digitale e non, e cioè possiamo iniziare a responsabilizzarci, impegnandoci in prima persona a capire la realtà che ci circonda a partire da fonti attendibili, ed entrando in quell'ottica di umiltà socratica che ci fa dire che sappiamo di non sapere e in questo modo ci mantiene curiosi e ci spinge ad informarci sempre di più e sempre meglio. Sì è bello vivere in una realtà democratica, avere la possibilità di votare per esprimere le proprie preferenze, però se non conosciamo la società in cui viviamo come possiamo esprimere un giudizio sensato?

Anche i politici non sono immuni da questi effetti (e per questo occorre verificare anche ciò che sentiamo da loro): in molti casi hanno intenzioni positive e tanta voglia di fare, però non conoscono la realtà italiana, di conseguenza lavorano sulle idee senza fondarle sui fatti e ciò rende inutili i loro sforzi. Desidero allora concludere con una citazione di Piero Gobetti: Nessun cambiamento può avvenire se non parte dal basso, mai concesso né elargito, se non nasce nelle coscienze come autonoma e creatrice volontà di rinnovarsi e di rinnovare. L'augurio finale vuole essere dunque quello di arrivare a rispondere al "sogno o son desto" del titolo che sogno e son desto: sono desto perché conosco la realtà che mi circonda, ma allo stesso tempo sogno perché non mi arrendo di fronte agli aspetti più deludenti della società, anzi aspiro a dei veri cambiamenti, ma con la consapevolezza che per riuscire a cambiare in meglio la società bisogna prima conoscere. Inizio da me e pian piano cambierà anche il resto.


Giorgia Ponticiello



Sitografia:

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