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L'ascesa al Colle del Quirinale: che vinca il migliore!

Aggiornamento: 4 apr 2023

Sono stati sette anni impegnativi, complessi, densi di emozioni: mi tornano in mente i momenti più felici ma anche i giorni drammatici, quelli in cui sembravano prevalere le difficoltà e le sofferenze. A qualcuno queste parole suoneranno familiari e le avrà lette nella mente con la voce del loro autore, ma per chi invece non le avesse mai sentite preciso che sono parte del discorso che il Presidente della Repubblica ha tenuto per la fine dell'anno 2021.


Sergio Mattarella è stato eletto al Quirinale il 31 gennaio del 2015 e ha giurato il successivo 3 febbraio, dunque il suo settenato scadrà il 3 febbraio 2022: tra pochi giorni saluteremo colui che in questi anni, tra crisi politiche, economiche ed emergenza sanitaria, si è impegnato a garantire l'unità nazionale, un compito tutt'altro che semplice in simili condizioni.

Il tono del suo messaggio è stato di gratitudine e di commiato, ha ricordato i momenti più difficili della pandemia per evidenziare l'importanza dei passi avanti che abbiamo compiuto e in particolare dei vaccini, ha parlato di rapporti tra istituzioni e società, ha invitato i giovani a non essere spettatori ma protagonisti della storia e infine ha voluto lasciare una nota di speranza: Se guardo al cammino che abbiamo fatto insieme in questi sette anni nutro fiducia. L’Italia crescerà. E lo farà quanto più avrà coscienza del comune destino del nostro popolo, e dei popoli europei. Insomma Mattarella si è congedato affidandoci un'importante eredità: la testimonianza di ciò che è stato per lui incarnare la funzione di Capo dello Stato. Da una parte ci ha trasmesso l'immagine del Presidente-patriota, che crede nell'unità oltre le molteplici differenze di idee e di interessi; dall'altra ci ha indicato due esigenze di fondo che, a parer suo, deve perseguire un buon Presidente della Repubblica: spogliarsi di ogni precedente appartenenza e farsi carico esclusivamente dell’interesse generale, del bene comune come bene di tutti e di ciascuno. E poi salvaguardare ruolo, poteri e prerogative dell’istituzione che riceve dal suo predecessore e che – esercitandoli pienamente fino all’ultimo giorno del suo mandato - deve trasmettere integri al suo successore. Ci si potrebbe chiedere il perché di simili indicazioni. La risposta, in realtà, da una parte è insita nelle funzioni che sono assegnate a questo organo dalla Costituzione: è chiaro che se esso ha il compito di garantire l'unità e la stabilità dello Stato a fronte della continua mutabilità del Governo, dovrebbe essere, per quanto possibile, una figura super partes e cioè al di sopra di ogni orientamento politico, imparziale; d'altra parte è evidente l'intento del Presidente uscente: lasciare un memorandum al suo successore, perché se il primo garante dell'unità nazionale non riuscisse a salvaguardare il suo ruolo ci troveremmo di fronte ad un paradosso insanabile.


Ebbene, se il mandato del dodicesimo Presidente è ormai giunto al termine, chi sarà il tredicesimo?

La Costituzione italiana, all'articolo 84, prevede solo tre requisiti di eleggibilità: l'essere cittadini italiani, il godere di diritti civili e politici e l'aver compiuto i cinquanta anni; chiaramente se ci dovessimo fermare qui sarebbero tantissimi i possibili candidati, ma il nostro testo costituzionale prevede pure, all'articolo seguente, una particolare procedura di elezione, che vede come protagonisti i cosiddetti grandi elettori e cioè il Parlamento in seduta comune (composto dai 630 membri della Camera dei deputati e dai 321 del Senato della Repubblica) a cui si aggiungono i 58 delegati eletti dai Consigli Regionali (tre per ciascuna regione, ad eccezione della Valle d'Aosta che ne ha uno solo). Per nominare il Capo dello Stato è necessario raggiungere un quorum: per i primi tre scrutini serve la maggioranza qualificata dei 2/3 dell'assemblea, mentre dal quarto in poi è sufficiente la maggioranza assoluta (la metà più uno); allora è chiaro che se bisogna mettere d'accordo 673 persone (o 505 nell'ipotesi in cui si arrivi al quarto scrutinio) vi è un ultimo requisito implicito, che consiste nella neutralità del prescelto, o perlomeno nella sua presunta capacità di mettere da parte le sue idee politiche per occuparsi solo del bene del Paese.

Date queste premesse, chi sarà il nuovo inquilino del Colle?

Alla vigilia dell'elezione ci sono ancora molti nomi in gioco, alcuni più gettonati, altri molto meno. Sappiamo che è stata esclusa dallo stesso Mattarella l'idea di un suo secondo mandato, allo scopo di rimanere il più fedele possibile alla Costituzione, la quale non dispone la non rieleggibilità alla carica per evitare una serie di inconvenienti tecnici, ma lascia a ragioni di “opportunità della prassi” la determinazione delle forze politiche di non procedere ad una rielezione. Uno dei nomi più accreditati è senza dubbio quello di Mario Draghi, che gode di un ampio consenso tra le diverse forze politiche, d'altra parte se andasse lui al Quirinale chi prenderebbe il suo posto come Presidente del Consiglio per evitare una fine anticipata della legislatura? Un terzo nome ha poi catalizzato l'attenzione di tutti nelle scorse settimane, quello di Silvio Berlusconi, che nelle ultime ore ha però dichiarato di rinunciare alla sua candidatura, nonostante, a suo dire, avesse i voti sufficienti per essere eletto, e ha incoraggiato il centrodestra a cercare un nome che goda di un consenso il più vasto possibile. Tra le alternative favorite da questo schieramento possiamo ricordare Maria Elisabetta Casellati, attuale Presidente del Senato; Letizia Moratti, vicepresidente della Lombardia, nonché ex ministra dell'Istruzione; Franco Frattini, magistrato sceso in politica ed entrato più volte in Parlamento in diverse qualità; Gianni Letta, storico braccio destro di Berlusconi, che è stato suo sottosegretario alla Presidenza in ciascuno dei suoi quattro governi, e che, nonostante i suoi 86 anni, può vantare consolidati rapporti trasversali tra le forze politiche. Tra i nomi dell'area di centrosinistra troviamo invece l'ex premier Paolo Gentiloni, attuale Commissario europeo per gli affari economici a Bruxelles; Giuliano Amato, che, con i suoi 83 anni, ha alle spalle un doppio mandato da Presidente del Consiglio, vari incarichi da ministro e che attualmente è vicepresidente della Corte Costituzionale; Andrea Riccardi, che ha ricoperto l'incarico di ministro per la Cooperazione Internazionale e l'Integrazione, ma è soprattutto noto in quanto fondatore della Comunità di Sant'Egidio. Tra i potenziali successori che potrebbero mettere d'accordo i diversi schieramenti vi sarebbero poi l'ex presidente della Camera Pier Ferdinando Casini; l'attuale ministra della Giustizia Marta Cartabia (indicata anche come prossima Presidente del Consiglio, qualora la scelta dei grandi elettori dovesse ricadere su Draghi); il Presidente del Consiglio di Stato Filippo Patroni Griffi; l'ex ministra della Giustizia Paola Severino. Infine un'ultima candidata degna di nota per il suo essere apartitica e di conseguenza non divisiva è Elisabetta Belloni, la quale ha servito in ruoli di spicco della diplomazia italiana sotto governi di centrodestra e di centrosinistra, più o meno moderati, e ad oggi è stata nominata al vertice dei servizi segreti con il ruolo di Capo del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza (Dis).


A seguito di questo lungo elenco di potenziali futuri presidenti, è opportuno precisare che l'elezione a Capo dello Stato avviene a scrutinio segreto e che le candidature non avvengono in forma ufficiale, ma di solito sono i partiti politici a costruirle, dialogando con i leader alleati e avversari in via informale. Tutto ciò normalmente avviene dietro le quinte, per cui quel che sappiamo noi viene dalle ricostruzioni operate dai giornali, i quali si adoperano per individuare con anticipo quale candidato/a ha più probabilità di vincere la corsa al Quirinale; è chiaro però che rimangono tutte supposizioni. Non possiamo che aspettare i prossimi giorni per avere risultati definitivi.


Giorgia Ponticiello



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