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GLI INVISIBILI SARANNO DAVVERO MENO INVISIBILI? Regolarizzazione stranieri ed emersione lavoro nero

Aggiornamento: 2 apr 2023



Ai primi di aprile il Portogallo è il primo Paese ad attuare una regolarizzazione degli stranieri residenti sul proprio territorio, decisione presa con particolare pressione del primo ministro Antonio Costa.

Secondo quanto riportato da El País, in questo modo i migranti potranno cercare un impiego e accedere a tutti i servizi pubblici come la sanità, l'affitto di una casa o il conto in banca. Oltre ad aspetti positivi per gli stranieri, il governo socialista sottolinea che, regolarizzando i lavoratori stranieri, sarà più facile controllare la diffusione del virus nelle comunità.

Si tratta però di un provvedimento rivolto solamente agli stranieri che avevano presentato domanda di permesso di soggiorno prima dello scoppio della pandemia e soprattutto di un provvedimento limitato al periodo dell’emergenza sanitaria, per ora almeno fino al primo luglio.

Insomma: regolarizzazione concessa… ma restituita a fine pandemia.

Di più lungo raggio si preannuncia invece la regolarizzazione promossa dal governo italiano.

Il provvedimento è inserito nel decreto legge numero 34 del 19/05, l’articolo di riferimento è il 103, nominato “Emersione di rapporti di lavoro”.

Il provvedimento si divide in due sezioni distinte.

La prima prevede la possibilità per i datori di lavoro di presentare istanza per dichiarare la presenza di rapporti di lavoro irregolari in corso con cittadini italiani e stranieri. Questi ultimi devono aver soggiornato in Italia prima dell’08/03 e non aver lasciato il territorio nazionale da quella data.

Mossa necessaria per favorire l’autodenuncia è stata quella di sospendere i procedimenti penali contro i datori di lavoro, a meno che non siano accusati di favoreggiamento all’immigrazione clandestina o di sfruttamento del lavoro.

La seconda prevede invece la possibilità per cittadini stranieri con permesso di soggiorno scaduto dal 31/10/19 di chiedere un permesso di soggiorno temporaneo per il solo territorio italiano della validità di 6 mesi, che potrà essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro, se alla fine dei 6 mesi si dimostrerà valida documentazione retributiva e previdenziale.

Il requisito richiesto in aggiunta a quello della prima sezione è quello di aver svolto un’attività lavorativa prima del 31/10/19 nei settori oggetto del decreto.

Sulla base di questi requisiti non è quindi da considerarsi rilevante il riferimento al contenuto di questo provvedimento quale causa dell’aumento del numero di sbarchi sulle coste italiane; coloro che giungono in questi giorni sul suolo del nostro Paese, non possono accedere alla regolarizzazione.

Il provvedimento riguarda soli 3 settori: agricoltura, allevamento, pesca e ambiti annessi; assistenza a soggetti affetti da patologie o handicap che limitino l’autosufficienza; lavoro domestico. Semplificando: braccianti, badanti, colf.

L’istanza è da presentare dallo scorso 01/06 sino al 15/07; previo pagamento da parte del datore di lavoro di 500 euro per ogni lavoratore e di 130 euro per ogni straniero richiedente il permesso di soggiorno.

Secondo uno studio da poco pubblicato del Jrc, il Centro comune di ricerca della Commissione Ue, durante la pandemia in Italia il 18% dei lavoratori dei settori essenziali era straniero, valore più alto rispetto al 13% di media degli altri Paesi europei.

Il sole 24 ore stima la presentazione di 176 mila domande da parte dei datori di lavoro e 44 mila per l’ottenimento del permesso di soggiorno. Entrate nelle casse dello Stato stimate a 94 milioni.

Le decisioni contenute nel decreto sono state oggetto di lunghe discussioni, non solo con l’opposizione, schierata dietro slogan all’insegna del “prima gli italiani”; ma anche all’interno della maggioranza stessa, con frizioni iniziali da parte del Movimento 5 stelle.

Critiche più costruttive sono venute invece dalle Organizzazioni professionali del mondo agricolo.

Personalità come il presidente di Confagricoltura Massimiliano Grisanti o il presidente della Coldiretti Ettore Prandini sostengono che non sia la regolarizzazione la soluzione alla carenza di manodopera in campo agricolo; quanto piuttosto il ritorno dei voucher o l’avvio di corridori verdi.

Questi ultimi avrebbero permesso a quei lavoratori provenienti da altri Paesi europei (principalmente Romania, Bulgaria e Polonia) di venire in Italia, come tutti gli anni, per lavorare nel settore agricolo; parliamo di quasi 150 mila persone. Questa opzione è stata sostenuta da altri Paesi, come Germania e Regno Unito.

I voucher sarebbero invece un modo semplificato per i datori di lavoro per pagare tasse e contributi, ma vedono l’obiezione dei sindacati, poiché con questa modalità non vengono tutelati malattie, infortuni, ferie.

Certo il decreto legge non ha come unico obiettivo quello di far fronte alla carenza di manodopera; emersione del lavoro in nero e regolarizzazione dei migranti hanno come obiettivo a più ampio respiro quello di rendere “gli invisibili meno invisibili”, come ha sottolineato una commossa ministra dell’agricoltura Teresa Bellanova.

Resta da chiedersi se un decreto che si basa sull’autodenuncia dei datori di lavoro e sulle richieste di permesso di soggiorno dei singoli, possa portare i suoi frutti: quanti datori di lavoro, in un momento difficile di emergenza, saranno disposti a regolarizzare i propri dipendenti? Quanti immigrati disposti ad avviare procedure di regolarizzazione per un tempo di 6 mesi?

Ma questo potremo giudicarlo solo nelle prossime settimane.

Silvia Garbelli




Art. 103, Decreto Legge nr. 34, Gazzetta Ufficiale: https://urly.it/36th6


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