L’Italia è un Paese per tutte le generazioni? Questa è la domanda con cui si è aperta la seconda serata del Festival di Politics Hub, un vero e proprio dialogo con i quattro ospiti che hanno aiutato a riflettere su una tematica tanto ignorata quanto importante: l’equità intergenerazionale.
Il passaggio generazionale è stato preso in analisi nei vari ambiti che concerne, con al centro della discussione le realtà familiari, lavorative e scolastiche in Italia.
“Interessatevi di politica, altrimenti la politica si occuperà voi”, ha detto il Presidente della Regione Lombardia Attilio Fontana nel video mandatoci, dando il via al dialogo. “Bisogna investire nell’ambiente e nelle tecnologie per migliorare le condizioni dei giovani nel futuro”. Le tematiche infatti spaziavano dall’ambiente all’economia, passando per il grande tema dell’innovazione, con l’obiettivo di garantire un viaggio nel segno del dialogo generazionale.
L’Onorevole Elena Bonetti ha aperto i lavori concentrandosi sull’ambiente familiare, definendolo “asse fondamentale e centrale dell’Italia”, da promuovere in modo adeguato, poiché necessario per la costruzione della comunità stessa.
Lo scopo dello stesso Family Act, al quale la ministra ha lavorato, è di dare rilevanza alle grandi energie inespresse della nostra società, donne e giovani: per rendere ciò possibile è necessario rompere il pregiudizio legato all’immagine della “buona madre” unicamente dedita all’educazione dei propri figli, situazione testimoniata dall’esperienza personale dell’Onorevole Bonetti.
È necessario dunque creare un equilibrio anche riguardo alla disparità di genere, combinando politiche familiari e di incentivazione al lavoro femminile.
L’ambito lavorativo è stato poi oggetto della riflessione dei due professori universitari, Galasso e Visconti, rispettivamente Professore Ordinario di Economia presso l’Università Bocconi e Rettore dell’Università LIUC, che hanno considerato il mercato del lavoro nel suo carattere di incontro e scontro diretto tra generazioni.
Un treno pieno di pendolari, alle 7 di un lunedì mattina: questa è l’immagine che solitamente viene associata al mercato del lavoro, talmente colmo di lavoratori delle generazioni precedenti, da impossibilitare l’entrata di chi è appena arrivato.
La realtà tuttavia è un’altra: il mercato del lavoro vive periodi di contrazione ed espansione, e i giovani lavoratori hanno competenze differenti, sono stati formati in un periodo e contesto diverso, e non possono dunque essere considerati dei sostituti perfetti per i lavoratori più anziani.
La stessa Dottoressa Buttà, Sustainability, Diversity & Inclusion & Communication Manager presso Vector SpA, parla di nuove generazioni che corrispondono a nuove richieste: i giovani sono interessati anche a occasioni di formazione e crescita nella ricerca di un lavoro, non concentrandosi specificatamente alla stabilità a lungo termine e all’alto stipendio ambito dalle vecchie generazioni (dato anche il contesto storico differente).
Le valutazioni su cui le aziende si basano per le assunzioni dei nuovi talenti sono ancora vincolati dai vecchi parametri, rendendo difficile la considerazione delle grandi idee e risorse che i più giovani dimostrano di avere: ciò che manca nelle aziende è lo spazio, il coraggio ed il modello organizzativo per puntare sui giovani e per dare loro la giusta fiducia necessaria ad esprimersi.
La conseguenza, come testimonia il Professor Visconti, è la tanto discussa “fuga dei cervelli”, il sempre più sentito abbandono del Bel Paese da parte dei giovani talenti italiani.
Uno studente appena uscito dall’ambiente universitario, nel quale le competenze sviluppate non coincidono con quelle richieste dalle aziende, non è incentivato a rimanere in un paese nel quale non c’è dialogo tra ambiente formativo e lavorativo. Non è né possibile né corretto dare la colpa ad un unico ente: il rapporto va instaurato partendo da entrambi, richiedendo imprese più disponibili ed un sistema universitario più flessibile.
Il problema è radicato sin dal sistema scolastico, essendo evidente un’inefficienza formativa a partire dalle scuole medie fino a quelle superiori: l’attenzione del sistema è rivolta ai docenti piuttosto che agli studenti, dice il Professor Galasso, impossibilitando la mobilità sociale.
“È necessario creare una rete di associazione tra giovani per poter esercitare una quantità significativa di pressione”, dice il Professor Galassi: ciò non fa altro che stimolare il nostro senso di responsabilità, e rinnovare la nostra partecipazione rispetto a queste tematiche assolutamente fondamentali nella costruzione del nostro futuro.
Giulia Tirinnanzi
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