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Draghi e il nuovo ruolo dell’Italia

Aggiornamento: 4 apr 2023

Nelle poche settimane di Governo, Draghi ha già imposto all’Italia e al mondo la sua linea di pensiero con affermazioni e gesti significativi. Il 31 marzo scorso il premier ha applicato il Golden power, cioè uno strumento che permette allo stato di intervenire nelle transazioni di mercato riguardanti settori considerati strategici, per evitare che una piccola azienda lombarda, produttrice di semiconduttori, venisse rilevata da un fondo di investimento cinese. Questa scelta, per essere pienamente compresa, deve essere analizzata nelle sue molteplici cause e non essere semplicisticamente ricondotta alla difesa dell’indipendenza economica delle aziende italiane, infatti questa decisione è stata principalmente guidata da interessi politici e geopolitici.

Draghi, percependo l’instabilità che si stava creando all’interno della vasta e frammentata coalizione di Governo, decise di rafforzare la propria autorità politica attraverso questa inaspettata soluzione che ha colto totalmente impreparati i partiti, i quali, impressionati dalla repentinità e dalla risolutezza della decisione, si sono racchiusi in un corale silenzio. Inoltre questa decisa presa di posizione contro l’espansionismo cinese ha suscitato nei suoi confronti le simpatie dell’elettorato, soprattutto di quello più conservatore, impedendo ulteriori scontri all’interno della maggioranza.

Per di più il Presidente del Consiglio, capendo la potenziale strategicità dell’Italia e comprendendo il ruolo secondario a cui questa è stata relegata nello scacchiere geopolitico, vuole riaffermare la nostra nazione all’interno della NATO attraverso una presa di posizione decisa che dia un messaggio di difesa degli interessi e degli ideali occidentali. Questo schieramento atlantista lo si può anche osservare nelle dichiarazioni del premier compiute nei confronti del Presidente Turco Erdogan che, avendo fatto mancare in una visita ufficiale un posto a sedere alla Presidente della Commissione Europea von der Leyen, è stato definito: “un dittatore”. Questa affermazione, lungi dall’essere una reazione poco ponderata, rappresenta in realtà la strategia geopolitica che l’Italia deve perseguire per conseguire i suoi obbiettivi strategici; uno di questi è la Libia che, sin dal periodo coloniale, si è rivelata fondamentale per intrattenere relazioni commerciali nella regione nordafricana; inoltre la Libia, proprio grazie agli investimenti dell’Eni negli anni cinquanta, diventò uno dei più grandi esportatori di petrolio al mondo e, grazie a questi notevoli successi economici, l’Italia riuscì a stringere la presa sul paese nordafricano che de facto diventò un protettorato italiano. Tuttavia la situazione degenerò con la morte del Generale Gheddafi, portando il paese ad una sanguinosa guerra civile; ora però, che sembra che la regione si sia stabilizzata, i grandi attori del bacino mediterraneo hanno immediatamente incominciato a tessere dei rapporti con la nuova leadership libica. L’Italia, appena fu nominato premier Dbeibah, ha tempestivamente inviato una delegazione a Tripoli sapendo che i Turchi, avendo il controllo delle milizie irregolari, avrebbero imposto la loro influenza sul paese. Astutamente Draghi, conoscendo i nostri limiti militari, con quella dichiarazione pone gli USA ad un bivio: o aiutare un alleato bipolare e capeggiato da un dittatore, rovinando la propria immagine di protettore degli ideali occidentali, o schierarsi con un alleato nel quale si ha una solida presenza militare e che difende i principi liberal-democratici, aumentando la fiducia dei cittadini NATO nell’amministrazione Biden. Un eventuale supporto americano consentirebbe all’Italia di riottenere centralità nella questione libica, il che porrebbe le basi per un solido rapporto tra le due nazioni, divise da una sottile linea blu che, a sua volta, le rende indispensabili l’una dall’altra.

In un mondo dove oramai bisogna schierarsi o con l’aquila o con il dragone, la scelta atlantista di Draghi pone fine ad un periodo di dannosa titubanza geopolitica, ma in questa, che è considerata da molti come una sottomissione del nostro paese al gigante d’oltreoceano, Draghi è riuscito a porre una condizione che potrebbe permettere all’Italia di espandere la propria influenza sul mediterraneo e di ottenere un ruolo ancora più strategico nello scacchiere geopolitico. L’Italia deve imparare a conoscere sé stessa, a scoprire la sua importanza e a comprendere le proprie potenzialità, solo così potrà risollevarsi, solo così potrà emergere da questo senso di minorità che la costringe a scegliere e non ad essere scelta.


Tommaso Rondanini


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