top of page

Cento giorni di Biden: welcome back, United States of America!

Una settimana e due giorni fa, il quarantaseiesimo Presidente degli Stati Uniti Joseph Robinette Biden Jr. varcava la soglia dei cento giorni dall’inizio del suo mandato e due giorni prima, il 28 aprile, pronunciava il suo primo discorso dinanzi al Congresso a camere riunite: il contesto era quello usuale e tipico di un discorso sullo stato dell’Unione, occasione annuale - così è previsto dall’articolo II, sezione terza della Costituzione - in cui il Presidente offre al Congresso un rendiconto delle condizioni economiche e sociali del Paese, nonché un prospetto della sua agenda politica e dei suoi progetti per il futuro.

Oltre a ciò, questa circostanza è stata anche foriera di un avvenimento non poco rilevante nella storia non solo delle istituzioni statunitensi in senso stretto, ma anche della nazione stessa, avvenimento rappresentato iconicamente da una delle immagini più diffuse di questa cerimonia: il Presidente Biden assiso sul podio, sullo sfondo la Stars and Stripes – così la chiamano gli americani -, la bandiera nazionale statunitense, e alle sue spalle il Vice Presidente, Kamala Harris, presidente del Senato, e la speaker della Camera dei rappresentanti, Nancy Pelosi. Per la prima volta nella storia degli Stati Uniti sono due donne a rivestire le due cariche statali più elevate – dopo quella del Presidente - e a presiedere questo appuntamento annuale della democrazia americana, evento storico che Biden stesso non ha omesso di sottolineare, proprio al principio del suo discorso: «Madame Speaker. Madame Vice President. No President has ever said those words from this podium – and it’s about time», “Signora Presidente della Camera, Signora Vice Presidente. Nessun Presidente ha mai pronunciato quelle parole prima – e era ora!».

In aggiunta a questo, ovvero alla possibilità di manifestare la svolta e il cambiamento che la sua amministrazione ambisce a imprimere alla storia degli Stati Uniti attraverso un simbolo così lampante, Biden ha colto anche l’occasione di presentare non solo ai membri del Congresso presenti, ma a tutti i suoi fellow Americans un bilancio dei suoi primi cento giorni di presidenza. Un bilancio costruito intorno alla dialettica tra crisi e opportunità, tra la chiara consapevolezza delle contingenti avversità in cui egli ha ottenuto il suo mandato, «la peggiore pandemia del secolo, la più grave crisi economica dopo la Great Depression, il più feroce attacco alla nostra democrazia dalla guerra civile» (con riferimento all’assalto a Capitol Hill avvenuto lo scorso 6 gennaio) e l’altrettanto realistica e determinata, nonché necessaria, contezza dell’opportunità offerta da questo periodo storico: non solo ricostruire, ma fare di più, build back better, ricostruire meglio, trasformando il pericolo in possibilità.

Questo il principio ispiratore dell’azione politica di Biden e ne sono manifesto esempio i due ampi progetti di investimenti in spesa pubblica da lui proposti e approvati dal Congresso: l’American Rescue Plan, primo importante successo legislativo del Presidente, approvato il 10 marzo, che prevede misure economiche per 1.900 miliardi di dollari per rilanciare l’economia e sostenere gli americani, entrambi gravati dalla pandemia, e l’American Jobs Plan, pacchetto da 2.000 miliardi di dollari da investire in infrastrutture, trasporti, lavoro, ambiente e innovazione, finanziato attraverso un aumento delle imposte alle società e imprese, con l’obiettivo di «to build a more resilient, sustainable economy […] create millions of good-paying jobs», “costruire la più forte, resiliente, innovativa economia al mondo […] creare milioni di posti di lavoro ben pagati” (proposta annunciata il 31 marzo e attualmente in discussione al Congresso).

A quest’ultimo disegno legislativo, definito da Biden come «il più grande investimento sul lavoro fatto in America dalla Seconda guerra mondiale», ha fatto seguito la proposta di un terzo piano che il Presidente ha annunciato proprio in occasione del suo primo discorso a camere congiunte: l’American Families Plan, che prevede uno stanziamento di 1.800 miliardi di dollari a sostegno dell’istruzione, dell’assistenza sanitaria e all’infanzia e si propone come vera e propria svolta nel welfare e nel sociale. In particolare, esso include, tra l’altro, l’aggiunta di quattro anni di istruzione gratuita ai dodici già forniti, di cui due di pre-kindergarten per i bambini di 3 e 4 anni nelle scuole materne e due di community college, la maggiore accessibilità a servizi medici, d’infanzia e di istruzione per famiglie con redditi medio-bassi, l’estensione fino al 2030 degli assegni familiari (300 dollari mensili per ogni minore di sei anni) e l’obbligatorietà di dodici settimane di maternità, paternità, o malattia, retribuite dal 75 all’80% dello stipendio. Misure che fanno parte di quella che Biden ha definito come «un’agenda da operai per costruire l’America» e che saranno finanziate dal ripristino dell’aliquota al 39,6 % rispetto al 37% voluto dai repubblicani nel 2017 e, soprattutto, da un aumento della tassazione sull’1-2% degli americani con un reddito superiore a 400.000 dollari l’anno, all’insegna del motto rooseveltiano “in America ognuno fa la sua parte”.

Accanto a queste riforme ambiziose, che riecheggiano alla nostra memoria quelle del così detto New Deal, varato da Franklin Delano Roosevelt, non a caso citato nel discorso stesso (e del quale, tra l’altro, Biden ha voluto un grande ritratto nello Studio Ovale alla Casa Bianca), il Presidente non si è sottratto dal ricordare anche i successi raggiunti in campo sanitario (200 milioni di dosi di vaccino inoculate in meno di cento giorni), rinnovando l’invito alla nazione a vaccinarsi - «America, vaccinati» - e ponendosi l’obiettivo di vaccinare il 70% degli adulti entro luglio per rimuovere così l’obbligo di indossare la mascherina. Non di meno, è stata annunciata nella giornata di ieri la volontà di procedere alla sospensione straordinaria dei diritti di proprietà intellettuale di Big Pharma sui vaccini contro il Covid-19, posizione definita dall’OMS «storica ed eroica» in quanto consentirebbe un incremento significativo nella produzione di vaccini.

In questi primi cento giorni di governo, Biden ha posto poi le basi per ricucire, dopo anni di politica isolazionista, i rapporti con la Nato e con l’Europa, ad esempio rientrando nell’Accordo di Parigi sul clima e promettendo un decremento del 52 % nelle emissioni di gas serra entro il 2030.

Inoltre, è stata ribadita l’opposizione a Pechino, assunta in qualità di rivale sistemico a fattore di coesione e unità con la controparte congressuale, il partito dei Repubblicani, ed è stato annunciato il ritiro delle truppe statunitensi dall’Afghanistan.

Infine, sul versante della politica interna, invece, è stata espressa dal presidente Biden la necessità dell’approvazione del George Floyd Justice in Policing Act per una riforma della polizia, e di un ripensamento dell’immigrazione che apra alla regolarizzazione di undici milioni di immigrati clandestini che già vivono negli Stati Uniti, a fronte dei 352.000 arresti di migranti nei soli primi tre mesi di presidenza e dei 13.500 minori non accompagnati che si trovano nei rifugi lungo la frontiera meridionale.

In definitiva, sembra proprio coerente con il quadro sopra ricostruito l’affermazione del presidente «After 100 days of rescue and renewal, America il ready for takeoff. We are working again. Dreaming again. Discovering again. Leading the world again», «Dopo 100 giorni di salvataggio e di rinnovamento, l’America è pronta per il decollo. Stiamo lavorando di nuovo. Sognando di nuovo. Scoprendo di nuovo. Di nuovo alla guida del mondo».

Sembra davvero possibile poter affermare che un nuovo giorno si è levato e che l’America è tornata per riaffermarsi con decisione nel contesto politico internazionale come nazione leader del mondo occidentale. E se è vero che la bontà di una presidenza si può già intravvedere al compimento dei primi cento giorni del suo mandato, benché solo il tempo possa confermare questa ipotesi, tuttavia ci sembrano ancora più vere le parole della poetessa Amanda Gorman pronunciate il 31 gennaio durante la cerimonia di insediamento in Campidoglio:


We will rebuild, reconcile, and recover. In every known nook of our nation, in every corner called our country, our people, diverse and beautiful, will emerge, battered and beautiful. When day comes, we step out of the shade, aflame and unafraid. The new dawn blooms as we free it. For there is always light, if only we’re brave enough to see it. If only we’re brave enough to be it.


Ricostruiremo, ci riconcilieremo e ci riprenderemo. In ogni nicchia nota della nostra nazione, in ogni angolo chiamato Paese, La nostra gente, diversa e bella, si farà avanti, malconcia eppure stupenda. Quando il giorno arriverà, faremo un passo fuori dall’ombra, in fiamme e senza paura. Una nuova alba sboccerà, mentre noi la renderemo libera. Perché ci sarà sempre luce, Finché saremo coraggiosi abbastanza da vederla. Finché saremo coraggiosi abbastanza da essere noi stessi luce.


Giacomo Rossi


Sitografia:


205 visualizzazioni0 commenti

Post recenti

Mostra tutti
bottom of page