In occasione della Giornata dell’Europa celebrata il 9 maggio, la Commissione ha annunciato l’itinerario e il calendario del “Connecting Europe Express”, il treno ad alta velocità che simboleggia l’importanza della politica infrastrutturale e della mobilità dell’UE, nel quadro dell’Anno europeo delle ferrovie 2021. Il treno partirà il 2 settembre da Lisbona e, fermandosi in più di 40 città di 26 paesi, arriverà a Parigi il 7 ottobre dimostrando la forza del trasporto ferroviario nel collegare persone e imprese.
Questo evento però non rappresenta che uno dei moltissimi obiettivi che l’Unione Europea ha messo in campo per promuovere e incentivare una mobilità sempre più sostenibile, sicura e accessibile nelle città e capitali europee.
La pressione esterna è infatti particolarmente sentita. Quasi una città europea su tre vedrà la propria popolazione aumentare di più del 10% nei prossimi 30 anni. Le conseguenze più prevedibili di questa tendenza sarà un aumento del traffico stradale, un maggiore uso dei mezzi di trasporto su rotaia e una capacità di questi che potrà presto raggiungere i suoi limiti.
Una risposta concreta: il Libro Bianco dei trasporti
Già nel marzo 2011 la commissione europea adottò una strategia globale per un sistema di trasporti che fosse in grado di incrementare la mobilità sostenibile all’interno dell’UE, potenziare la rete di trasporto e una sua facile e più estesa fruizione e, allo stesso tempo, ridurre drasticamente la dipendenza dell'Europa dalle importazioni di petrolio. Il progetto con le iniziative concrete fu pubblicato sotto il nome di White Paper on transport 2011. Ecco qui elencati quattro dei principali obiettivi:
Entro il 2030, ridurre alla metà l'uso di auto ad 'alimentazione tradizionale' nel trasporto urbano per poi definitivamente annullarlo entro il 2050;
Sviluppare infrastrutture adeguate e mezzi di trasporto in modo che più del 50% del trasporto di merci su strada sia dirottato su ferrovie o vie navigabili entro il 2050.
Entro il 2050 completare ed implementare la rete ferroviaria europea ad alta velocità e puntare ad un trasporto di passeggeri di media distanza che avvenga per il 50% su ferrovia.
Tramite la concretizzazione delle iniziative, raggiungere un taglio del 60% delle emissioni di CO2 provenienti dai trasporti entro la metà del secolo.
La transizione verso una più automatizzata, interconnessa, elettrificata e condivisa mobilità sia per le persone che per le merci è dunque un impegno al quale l’Europa non vuole sottrarsi. Le città europee stanno attivamente rispondendo alle problematiche attraverso differenti strategie, volte a un cambiamento dello stile di vita dei cittadini e ad un progresso nella tecnologia in vista di un rinnovato movimento urbano.
Promuovere l’uso del trasporto pubblico, incoraggiare il trasporto non motorizzato, accrescere spazi ciclabili e pedonali e restringere la possibilità di accesso ai veicoli nei centri città sono esempi concreti di una sempre più efficiente mobilità a basso impatto ambientale e più vicina alla salute e sicurezza degli usufruitori.
In tale prospettiva, già le città di Copenhagen, Helsinki, Amsterdam e Vienna hanno riscosso rilevanti risultati: più del 40% dei tragitti cittadini delle quattro capitali avviene ora a piedi o in bicicletta.
La proposta Milanese di “Strade Aperte”
Tra le città italiane che hanno presentato progetti sulla linea del Libro Bianco dei trasporti, la più ambiziosa è forse stata la città di Milano che, sfruttando anche la propulsione messa in moto dallo scoppio pandemico nel primo quarto del 2020, il 30 aprile dello scorso anno presentò il progetto “Strade Aperte”.
Sull’esempio delle capitali europee, Milano si pose gli obiettivi della ciclabilità come alternativa al trasporto pubblico, della pedonalità al centro della vita urbana e di una valorizzazione dello spazio pubblico, a garanzia delle misure di distanziamento negli spostamenti urbani e per una mobilità sostenibile.
Dall’inizio del 2021, oltre ai 3.500 nuovi monopattini elettrici in condivisione, grazie alla realizzazione di Strade Aperte, Milano conta 35 km di nuovi percorsi ciclabili, un ampliamento del sistema bike-sharing, un implemento di strade residenziali pedonali e l’allargamento dei marciapiedi.
In chiave futura Milano ha individuato la necessità di cambiare i ritmi della città e diventare una “Città 30”, nella quale il limite massimo di velocità sia di 30 km/h in circa il 60% della rete stradale urbana. Numerosi sono infatti i vantaggi evidenziati da Strade Aperte che si possono trarre da una diffusa moderazione della velocità, tra questi: una riduzione del traffico urbano, un innalzamento della sicurezza e abbassamento di incidenti stradali ad alto grado, un’incentivazione alla pratica di sport all'aperto e al gioco nelle aree di quartiere riqualificate, una diminuzione del sollevamento delle polveri e delle emissioni di CO2 causate dal traffico.
La direzione intrapresa dalle capitali europee
Mentre Helsinki si indirizza verso una città “elettrica e condivisa” in cui le automobili private non saranno più necessarie entro il 2025, anche Barcellona con il progetto Superillas sta moltiplicando le strade pedonali, dove il rapporto automobilista e pedone possa essere invertito.
A muoversi verso una città su due ruote sono Berlino, che durante la pandemia ha rapidamente bilanciato la ridotta capienza dei mezzi pubblici con nuove piste ciclabili, e i Paesi Bassi, dove già oggi il 30% degli spostamenti nazionali avviene in bicicletta.
Per quanto riguarda la Francia, l’Ile-de-France, ha già stanziato 300 milioni di euro per la creazione di nuovi percorsi ciclabili che possano collegare la capitale ai comuni limitrofi. Notevole è inoltre l’annuncio di Anne Hidalgo che propone di completare a Parigi una Vélopolitain, ovvero una rete ciclabile paragonabile in estensione alla linea metropolitana. Secondo i piani, Parigi sarà una 'città 100% ciclabile' entro il 2024, l’anno dei giochi olimpici, dove, su modello a misura d’uomo delle “aree 15 minuti”, i principali servizi saranno comodamente e facilmente raggiungibili da tutti i cittadini.
Nonostante Parigi abbia il tasso minore di residenti che utilizzino automobili private in Europa (appena il 10 %), consistenti sono le differenze che intercorrono tra le maggiori città e le aree periferiche e meno sviluppate degli Stati Membri.
Sotto questa luce, rimangono sempre significative le sfide per uno sviluppo equilibrato della nuova mobilità sulla totalità del territorio e un’accessibilità ai servizi, soprattutto quelli di condivisione, che sia estesa a tutte le fasce economiche della popolazione.
In merito ad un futuro italiano senza auto, rimane ancora un punto di domanda se il culto automobilistico radicato potrà mai essere soppiantato da una nuova cultura cittadina, dove le persone sappiano abbandonare il proprio lussuoso volante per un tornello della metro o un manubrio di bicicletta. Alcuni si potranno infine chiedere quanto ancora dovremmo aspettare per avere, quando si va a scuola, al lavoro o a comprare il pane, veri spazi dedicati alle due ruote in tutte le città, in cui non dover temere il furto del proprio monopattino elettrico e non dover legare la bicicletta ad un palo della luce sperando che non ne rubino la sella o una ruota.
Ludovica Pivotto
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