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Il sogno nel cassetto di Putin

Aggiornamento: 4 apr 2023

Venti di guerra soffiano sull’est Europa. La situazione al confine tra Russia e Ucraina si fa sempre più tesa in un domino pronto a scatenarsi e a coinvolgere le maggiori forze del pianeta. Ma dove nasce questa tensione? E perché tutto il mondo la osserva con il fiato sospeso?


Facciamo ordine. I rapporti tra Ucraina e Russia non sono mai stati idilliaci e già nei passati anni in varie occasioni è stato corso il rischio di un conflitto: emblematico a tal proposito il caso del 2014 dell’annessione, in esito a referendum, della Crimea alla Russia. All’interno dello stato ucraino, infatti, convivono due sentimenti ben distinti: da un lato i filoeuropeisti che spingono per una annessione alla NATO e dall’altro i filorussi che invece mirano in direzione diametralmente opposta. In questo contesto si inserisce la volontà, mai nascosta, del capo di Stato russo Vladimir Putin di annettere l’intero territorio. Da molti anni, infatti, Putin sostiene che russi e ucraini appartengano ad uno stesso popolo e che, conseguentemente, non ci sarebbe alcun bisogno di avere due stati diversi. Il capo di stato russo è arrivato addirittura a esprimere questo concetto in un saggio, pubblicato nell’estate del 2021, intitolato: “Sull’unità storica dei russi e degli ucraini”. Questa ragione storica però appare coprire anche un obiettivo strategico di natura geopolitica: Putin vuole a tutti i costi impedire che ci sia una espansione della NATO ad est, espansione che peraltro pare improbabile, e al tempo stesso vuole limitare la presenza politica e militare dell’occidente vicino ai confini russi. Al fine di scongiurare questo scenario, dunque, Putin minaccia un intervento armato come quello che nel 2014 ha condotto alla già citata annessione della Crimea e alla creazione di repubbliche separatiste filorusse nel Donbass orientale.


Questo il background, ma cosa ha fatto sì che la tensione aumentasse in questi ultimi giorni? I russi hanno schierato 130.000 soldati al confine con l’Ucraina, dando l’idea di prepararsi ad una imminente invasione. Fonti americane parlano di un possibile attacco già nella giornata di mercoledì. In caso di offensiva gli statunitensi hanno già assicurato il sostegno all’alleato ucraino. Mettendo insieme tutti i fattori citati appare evidente che in caso di offensiva il fronte non si fermerebbe ai confini ucraini, aprendo la strada a quella che qualcuno si è già affrettato a definire come terza guerra mondiale. Le notizie si susseguono minuto dopo minuto; intanto i maggiori stati europei, oltre agli USA, hanno invitato i propri cittadini ad abbandonare lo stato ucraino, alimentando così la paura di un possibile attacco a breve. Ciò che è certo è che il mondo non potrebbe affrontare un tale conflitto, data anche la potenza di fuoco di cui dispone l’essere umano da dopo il 1945. Le diplomazie sono ovviamente già al lavoro per cercare un punto di incontro che eviti lo scontro, anche se in questi contesti entra in gioco anche la volontà dei leader di dimostrare la propria forza. La rivalità Usa-Russia non è certo una novità storica e probabilmente non si è mai affievolita.


Intanto però, oltre al rischio per le vite umane (il NY Times stima 50.000 possibili morti tra i civili in caso di scoppio di un conflitto in Ucraina, oltre a milioni di rifugiati in fuga), entra in gioco anche il punto di vista economico, mai da sottovalutare in un mondo come quello odierno che troppo spesso antepone le logiche finanziarie a quelle umane. Giusto un paio di dati: il 40% del fabbisogno di gas degli stati dell’Unione Europea è soddisfatto dalla Russia, e questo gas prima di arrivare nelle nostre case passa, in gran parte, proprio dall’Ucraina. Inoltre, la crisi potrebbe causare un aumento dei prezzi per diverse categorie di prodotti. Coldiretti afferma che a rischio ci sarebbero in primis i prezzi dei cereali a livello internazionale, considerando che Russia e Ucraina insieme garantiscono circa il 33% delle esportazioni mondiali di grano. Oltre al grano, inoltre l’Ucraina è quinta per i 36 milioni di tonnellate di mais per l’alimentazione animale e settima per i 25 milioni di tonnellate di grano tenero per la produzione del pane.


In definitiva la situazione è molto critica, sia da un punto di vista economico che umano. La speranza è che alla fine prevalga il buon senso e che si possa trovare un accordo che eviti al mondo il dramma di un’altra guerra. E in momenti come questi, quel sogno europeo di integrazione e pace, appare più che mai fondamentale.


Andrea Consales




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