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Riccardo Canossa

Ddl Zan: una proposta controversa

Aggiornamento: 5 mag 2021

Il disegno di legge Zan ha segnato nel profondo il dibattito politico delle scorse settimane. Le parti in gioco si sono affrontate, senza esclusione di colpi, per cercare di sostenere al meglio le proprie ragioni e di scardinare le resistenze avversarie.

Come spesso accade, risulta però difficile capire da che parte stare. Se da un lato qualcuno cerca di convincere l’opinione pubblica al grido di “vogliono negarci la libertà di espressione”, dall’altro vi è chi cerca di avvalorare la propria tesi sostenendo che “vi sono persone prive di diritti” che rischiano di rimanere tali. Due argomentazioni che, se prese per vere, sarebbero ben sufficienti a spingerci dall’una o dall’altra parte.

Come decidere allora se essere favorevoli o contrari all’approvazione del ddl Zan? Semplice: è sufficiente conoscere il contenuto del disegno di legge (riportata qui) e valutarne i pro e i contro.

Il disegno di legge è volto a istituire “misure di prevenzione e contrasto della discriminazione e della violenza per motivi fondati sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale, sull’identità di genere e sulla disabilità”.

Dopo alcune definizioni, il testo propone la modifica dell’art. 604-bis del Codice Penale. Tale articolo, ad oggi, configura come reato l’attività di propaganda dell’odio e della discriminazione razziale e religiosa, nonché l’istigazione a delinquere per i medesimi motivi. Il ddl Zan propone di considerare reato anche la propaganda della discriminazione e l’istigazione a delinquere basate sull’orientamento sessuale e sulla disabilità, ritenendole riprovevoli al pari della propaganda razzista. Questo, in astratto, varrebbe per ogni tipo di discriminazione fondata sull’orientamento sessuale: se un gruppo LGBT dovesse architettare una campagna d’odio nei confronti di persone eterosessuali in quanto tali, o peggio ancora istigare qualcuno a commettere reati nei loro confronti, sarebbe punito sulla base di questa legge.

Il ddl Zan si propone anche di intervenire sull’art. 604-ter. Ad oggi esso prevede la circostanza aggravante[1] della discriminazione razziale e religiosa: se un soggetto commette un reato nei confronti di uno straniero in quanto tale, subisce una sanzione più elevata, dal momento che il legislatore ritiene particolarmente deplorevoli queste condotte. La proposta di Zan è quella di estendere tale circostanza aggravante anche al caso in cui la vittima sia scelta proprio perché caratterizzata da uno specifico orientamento – o identità – sessuale (omo/etero/bi/transessuale), o perché disabile.

In seguito, la proposta di legge presenta l’istituzione di una Giornata nazionale contro l’omofobia, la lesbofobia, la bifobia e la transfobia, nell’ambito della quale le istituzioni – comprese le scuole, ed è questo il punto controverso – sono invitate a tenere incontri “al fine di promuovere la cultura del rispetto e dell’inclusione, nonché di contra­stare i pregiudizi, le discriminazioni e le violenze motivati dall’orientamento sessuale e dall’identità di genere”. È inoltre prevista una “strategia nazionale”, aggiornata con cadenza triennale, per sensibilizzare ed educare sul tema.

Questo in breve il contenuto del disegno di legge.

Come accennato, le parti politiche si sono divise sul punto: PD, M5S e Leu sono favorevoli, mentre Lega e FDI contrari. Riguardo a Forza Italia, invece, Zan ha affermato che molti esponenti hanno dato sostegno al progetto, “a conferma che è una battaglia contro odio e violenza, senza colore politico o ideologie”.

Anzitutto, dagli oppositori è emersa la questione della “calendarizzazione”.

Secondo alcuni, un governo di unità nazionale come il governo Draghi, nato per rispondere efficacemente all’imperversare della pandemia, non dovrebbe occuparsi di questi temi, ma piuttosto concentrarsi sulla campagna vaccinale e sui ristori economici alle imprese. Rischierebbe inoltre di essere un tema particolarmente divisivo, che minerebbe la solidità di un governo che ha bisogno di compattezza e stabilità per assumere decisioni in tempi rapidi. Vi sarebbero, insomma, altre priorità in un periodo di pandemia.

Secondo altri, tuttavia, la questione delle priorità altro non è che una scusa per continuare a negare il riconoscimento di un’esigenza sociale sempre più impellente: quella di sanzionare (in modo aggravato) alcune condotte ancora troppo diffuse nel nostro territorio. In questo senso, il centro-destra, avallato anche dalla matrice cattolica, starebbe cercando di trovare un motivo “procedurale” per evitare di discutere la questione in aula.

In effetti, le contestazioni provenienti dalla destra non si limitano alla forma, ma entrano senza indugi nel contenuto. In primis, viene evidenziata una minaccia alla libertà di espressione. Il Vescovo di Pavia Corrado Sanguineti, in un’intervista, ha evidenziato proprio questo punto, sostenuto anche dai partiti conservatori: <<[il ddl Zan] rischia di introdurre una legge liberticida, che lede il diritto alla libera espressione del proprio pensiero e delle proprie convinzioni, e tende a sostenere un “pensiero unico” su questioni antropologiche decisive per il presente e il futuro dell’uomo>>. Insomma, il pericolo sarebbe quello dell’introduzione del reato d’opinione e dell’affermazione univoca della “teoria gender”, a discapito del pluralismo delle idee.

I sostenitori del ddl Zan, tuttavia, sottolineano che è proprio lo stesso disegno di legge a scongiurare questa deriva liberticida: l’art. 4 della proposta di legge recita, infatti, che “Ai fini della presente legge, sono fatte salve la libera espressione di convincimenti od opinioni nonché le condotte legittime ri­conducibili al pluralismo delle idee o alla li­bertà delle scelte, purché non idonee a de­terminare il concreto pericolo del compi­mento di atti discriminatori o violenti”. Sarebbe quindi soltanto il “concreto pericolo di atti discriminatori o violenti” a determinare l’attivazione del meccanismo sanzionatorio. In breve, dire “Io credo che la famiglia sia solo quella tra uomo e donna” non ricadrebbe nella fattispecie penale.

Anche la proposta di introdurre incontri nelle scuole volti a sensibilizzare sul tema ha suscitato grandi perplessità: troppo grande sarebbe il rischio che lo Stato influenzi gli studenti, sostituendosi alla famiglia nell’educazione dei minori. Non si tratterebbe, quindi, di formazione al rispetto della diversità e alla tolleranza, ma di un’ingerenza indebita a discapito del ruolo genitoriale. Non sarebbe possibile, in quest’ottica, impartire insegnamenti obiettivi su temi che sono tutt’oggi oggetto di grandi controversie tra psicologi e studiosi. D’altra parte, però, bisogna considerare che l’omofobia rappresenta un problema culturale: in questo senso, la scuola sarebbe, a detta di molti, il luogo più adatto a formare le menti dei cittadini di domani, ancora prive di pregiudizi, al rispetto e all’apertura verso le diversità.

Infine, la destra sostiene che si tratti in generale di una riforma “superflua”, dal momento che tutte le condotte criminose vengono già punite dalle norme esistenti: introdurre un’ulteriore norma non farebbe altro che aumentare l’ipertrofia del nostro diritto penale, che non sarebbe più una extrema ratio, come è invece desiderabile.

Secondo centro-sinistra e M5S, invece, il significato di questa riforma dovrebbe essere considerato nel suo insieme: non solo come tutela di natura penale, ma anche e soprattutto come risposta a un’esigenza sociale e come emblema della lotta per un’uguaglianza sostanziale troppo spesso negata dai fatti di cronaca.

In questo momento, la discussione sul ddl Zan, approvato nel novembre 2020 alla Camera, è stata nuovamente rinviata in Senato per opera del Senatore leghista Ostellari, presidente della Commissione Giustizia del Carroccio.

Come sempre, scopo de Il Poligono non è quello di dare risposte, ma di dare al Lettore gli strumenti per trovarle da sé.



Riccardo Canossa




Note

[1] Cioè quell’elemento accessorio che rende più grave il reato e quindi più aspra la sanzione.


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